Venerdì 13 aprile 2012 alle ore 19.00,
presso il Salone della Società Umanitaria,
Viale Trieste 126 – Cagliari,
sarà presentato il libro di Totore Locci
Mai era andata a scuola...
Desulo: immagini, suoni, parole
(Nuoro, Studiostampa, 2010).
Alla presenza dell’autore interverranno
Paola Locci, Luisa Fais, Gialeto Floris, Antonello Zanda.
«“Cantare la natura, esprimersi col canto nei momenti tristi e allegri, affrontare il simbolismo veritiero o oscuro modulato con il sapore ed il senso degli avvenimenti quotidiani ambientati negli stretti spazi di vita di paese è stato un dono per non restare prigionieri del passato”. Con queste parole Totore Locci ha messo l’autoscatto indirizzando l’obiettivo sulla sua vita per riprenderne gli elementi essenziali che hanno caratterizzato i suoi anni. Il riferimento è alla nonna la cui cultura “non aveva alcuna conoscenza accademica, ma qualcosa maturata nella vita”. Questa figura troneggiava nella Desolo “non matriarcale, ma matricentrica”. “Al mattino si alzava presto, a s’impuddile, e andava a letto col primo buio. Durante il giorno, finito il tempo dei giochi, si occupava d’altro. Spesso si recava all’orto o nei pascoli alti della montagna a far visita al padre nel vecchio ovile. Qui imparò a conoscere la notte estiva sotto il cielo stellato e apprezzare la bellezza dei paesaggi campestri. ..Il suo volto taciturno esprimeva uno sguardo malinconico ma saggio. Mai era andata a scuola. …Desiderava una vita lunga e morì dopo aver conosciuto i confini tra la vita e l’anima di tutti i suoi fratelli e sorelle”. Totore Locci si è soffermato sulla figura della nonna. “per riprendere per mano qualcosa che ci stava sfuggendo”. La nonna era la figura de “is contos e is cosas de foghile”. Una figura di donna che all’interno della famiglia era capace di distribuire consigli e quasi imporre una condotta di vita, rigorosamente e oralmente scritta nel pentagramma della comunità ancora legata a certi valori. Ma il riferimento alla nonna è anche un pretesto per ritornare sulla sua Desulo, descriverne con eccellente sensibilità e carica emotiva, certi ambienti e certi momenti, nei quali le figure umane fanno tutt’uno.»
[estratto da un articolo di Alessandro Carta]
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